VITERBO-“Pagare l’affitto costa caro, soprattutto a lavoratori dipendenti e pensionati. La media nazionale per il costo delle locazioni a canone libero nel 2016 è stata infatti pari a 605 euro mensili, con un’incidenza media sul reddito da lavoro dipendente del 35,2%, sul reddito da pensione del 43%”. A dichiararlo è Giancarlo Turchetti, segretario generale della Uil Viterbo, sulla base di uno studio del servizio aree urbane della Uil.
“Per le locazioni a canone concordato – prosegue Turchetti – l’importo medio nell’anno è stato di 575 euro mensili, con un’incidenza (sempre in media) sul reddito da lavoro dipendente del 33,4%, sul reddito da pensione del 40,8% e sul reddito da lavoro autonomo del 18%. Pur avendo registrato una lieve diminuzione del 4,6%, in Italia i provvedimenti esecutivi di rilascio di immobili ad uso abitativo sono stati 61.718, ma di essi ben 54.829 sono dovuti a morosità o altra causa (l’88,8% a fronte dell’88,2% del 2015). Rispetto al 2015, sono aumentate del 3,2% le richieste di esecuzione di sfratto che ammontano, nel 2016, a 158.720, mentre gli sfratti eseguiti sono stati 35.336 con un aumento dell’8% rispetto al precedente anno”.
Considerando gli sfratti emessi nel 2016 nelle città capoluogo di Regione, Roma registra il più alto numero di procedure di rilascio di immobili ad uso abitativo, pari a 5.580, seguita da Torino (2.526) e Napoli (1.968), mentre Catanzaro non ha visto presentare alcuna richiesta. Se analizziamo la consistenza della causale “morosità” sul numero di sfratti emessi, emerge che a L’Aquila, Campobasso e Potenza, questa causale ha inciso per il 100%.
Dopo aver analizzato i dati sugli sfratti che hanno evidenziato una crescita della morosità come causale principale, cerchiamo di capire il quantum del canone mensile di locazione che molti degli affittuari hanno difficoltà di corrispondere al locatario. Partendo dai dati riferiti alle locazioni a canone libero e a canone concordato delle 8 città capoluogo (Roma, Milano, Napoli, Torino, Palermo, Genova, Bologna, Firenze) presenti nel rapporto “Osservatorio del mercato immobiliare” dell’Agenzia delle Entrate, ne abbiamo stimato il canone mensile medio. A fronte di un canone medio mensile che a livello nazionale si attesta a 605 euro per le locazioni a canone libero e a 575 euro per le locazioni a canone concordato, Roma risulta essere la città con il canone medio mensile più alto, sia per contratti stipulati a canone libero (pari a euro 800), che per i contratti a canone concordato (pari a euro 808).
Per verificare quanto i canoni di locazione incidano sulle principali fonti di reddito (da lavoro dipendente, la lavoro autonomo, da pensione) abbiamo condotto un’analisi sulle 8 città capoluogo prese a campione partendo dal canone medio annuo del 2016 e rapportandolo alle tre fonti di reddito.
Rispetto alle locazioni a canone concordato, che vede a livello nazionale un canone medio annuo di 6.897 euro, Roma si posiziona al primo posto con 9.696 euro medi annui, seguita da Firenze con 8.256 euro e da Napoli con 7.608 euro. Sempre a Roma il primato per la maggiore incidenza del canone sul reddito da pensione (57,5%), da lavoro dipendente (47%) e da lavoro autonomo (25%). In seconda posizione, per la più alta incidenza sulle principali fonti di reddito, troviamo Firenze che con un canone medio annuo di 8.256 euro registra un’incidenza del 48,9% sul reddito da pensione, del 40% sul reddito da lavoro dipendente e del 21,6% sul reddito da lavoro autonomo.
Considerando ora le locazioni a canone libero, su una media nazionale di un canone/anno di 7.264 euro, Milano detiene il primo posto con un costo di 9.828 euro annui, seguita da Roma con 9.600 euro, Firenze con 9.072 euro. Di conseguenza è Milano a detenere la maggiore percentuale di incidenza del canone sul reddito da pensione (58,2%), da lavoro dipendente (47,6%) e da reddito da lavoro autonomo (25,6%). A seguire, troviamo Roma dove l’incidenza sulle principali fonti di reddito è del 56% sul reddito da pensione, del 46% sul reddito da lavoro dipendente e del 25,1% sul reddito da lavoro autonomo.
“Dai provvedimenti di sfratti relativi all’anno 2016 (dati forniti dal Ministero dell’Interno – Ufficio Centrale di Statistica) risulta evidente – spiega Guglielmo Loy, segretario confederale UIL – come la mancanza di un quadro giuridico-legale completo e al passo con i tempi, oltre che l’assenza prolungata di interventi strutturali e di un indirizzo condiviso delle politiche per la casa, abbia influito in modo preoccupante sul fenomeno del disagio abitativo nel nostro Paese e, come la crisi economica, continui a porre in grave difficoltà le famiglie italiane nell’ottemperare al pagamento dei canoni di affitto”.
“Lo studio evidenzia come le ‘morosità’ – osserva Loy – rappresentino quasi l’88% dei provvedimenti emessi, segno inequivocabile che i redditi da lavoro e da pensione, per una quota sempre maggiore di famiglie colpite dalla crisi, non sono spesso sufficienti per affrontare le spese dell’abitazione, con costi al limite della sostenibilità economica. La questione abitativa, incide direttamente e indirettamente sulla coesione sociale e sulla stessa vivibilità soprattutto nelle grandi aree urbane con un impatto complessivo sullo stesso sviluppo delle città e sulla crescita del paese. Si pensi, ad esempio, come la ricerca di abitazioni a prezzi compatibili “spinga” molti nuclei familiari e scegliere zone periferiche o extra-urbane e quale incidenza ha questo fenomeno sulle infrastrutture e sulla stessa funzionalità di un sistema di trasporto pubblico in molte realtà in forte sofferenza. Da sempre, la UIL ritiene – conclude Guglielmo Loy – che occorre mettere al centro delle scelte politiche la questione ’emergenza abitativa’, garantendo un alloggio alle famiglie soggette a sfratto, tenendo conto delle condizioni reali del reddito, costruire e recuperare alloggi da immettere sul mercato delle locazioni a canone sostenibile, compatibile con le capacità di spesa di coloro che hanno necessità di abitazioni in affitto ma, fino ad ora, la risposta è stata solo un ‘silenzio assordante’”.