Un alfiere senza bandiera

BAGNAIA (Viterbo)- Riceviamo e pubblichiamo: “Era l’ormai lontano periodo della Grande Guerra ed anche Bagnaia, come dappertutto nella nostra Italia, rispondeva con fierezza all’amor di Patria non sottraendosi dall’inviare i propri giovani al fronte. Là dove al comando di Sua Maestà Re Vittorio Emanuele III, il Re Soldato, avrebbe mormorato il Piave e i confini nazionali sarebbero stati protetti. Di quei giovani bagnaioli purtroppo in pochi tornarono, la guerra è atroce, ma il tricolore con cui partirono e che rappresentava gli ideali in cui quella generazione credeva, una bandiera con elmetto nel bianco, fece ritorno. Nel corso del tempo quel vessillo divenne simbolo della memoria, del sacrificio di quei ragazzi, ed entrò a far parte del patrimonio dell’Associazione Combattenti e reduci di Bagnaia come bandiera storica. Negli anni a seguire però, dove la guerra non riuscì a creare complicanze per assurdo lo fece la burocrazia!

La sezione bagnaiola della suddetta Associazione Combattenti chiuse, quanto al suo interno in parte si perse, altro venne addirittura messo in sacchi dell’immondizia, mentre la bandiera venne prelevata da un impiegato del comune di Viterbo. Dopo varie peripezie, ebbe poi una collocazione che però non è nella “sua” Bagnaia. Oggi infatti, quel vessillo non è all’interno del Sacrario dove riposa la memoria dei caduti anche militari che Bagnaia ha dato nella prima guerra mondiale, nel secondo conflitto del 40/45, ed anche in tempi recenti. Ritorna la burocrazia. Le autorità interpellate tardano a dare risposta, associazioni combattentistiche e d’arma del viterbese che fanno muro, ed intanto tutta una comunità, quella di Bagnaia appunto, chiede semplicemente che quella bandiera storica possa tornare a casa, dove moralmente è giusto che riposi.

Personalmente nell’ultimo anno già in due occasioni commemorative mi sono trovato a sfilare nel borgo con un’asta senza bandiera, volutamente alfiere senza vessillo, io che per metà sono di sangue bagnaiolo e me ne vanto, io che ho potuto si vedere quella splendida bandiera storica, ma imprigionata dentro una teca, invece di essere accanto alle altre insegne all’interno di quel sacrario dove tra le vittime leggo anche il mio cognome. Mi chiedo allora se sia mai possibile che la burocrazia possa prevalere sul buon senso, se le scaramucce tra associazioni siano più importanti della memoria, se non si faccia prima a mettersi attorno ad un tavolo e parlare serenamente piuttosto che andare avanti a lettere e carte bollate! Quella bandiera è partita da Bagnaia, è riuscita a sfuggire agli orrori del fronte, e sarebbe giusto che quei ragazzi del ’99 la vedessero tornare a Bagnaia, quasi idealmente a chiudere il cerchio della loro storia. Forse saranno le mie radici bagnaiole a farmi parlare, ma fino a quando quel vessillo non tornerà a casa sua, farò l’alfiere senza bandiera. Credo così facendo di rispettare la memoria di quei giovani di allora. Altri sono convinti di poter dire lo stesso?”.

L’alfiere, Sebastian Serafini

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