Un saluto al questore Giancarlo Sant’Elia

di ANNA MARIA STEFANINI-

VITERBO- Viterbo non è una città; è una sinergia collettiva di persone e pochi si sottraggono a questo coinvolgente esperimento urbano, anche chi, nella Città dei Papi, è solo di passaggio e per lavoro.
Il questore Giancarlo Sant’Elia non è un viterbese ed è arrivato tra noi quando la città era piegata e piagata dai morsi della pandemia; il momento peggiore per iniziare un percorso di integrazione. Eppure il neo-arrivato Giancarlo Sant’Elia ha saputo prendere in mano la situazione contribuendo a fare della Polizia di Stato un’eccellenza provinciale. Poi, fortunatamente, la crisi emergenziale è rientrata e anche la Questura di Viterbo ha potuto riprendere i bioritmi della normalità.
Il lavoro del dott. Sant’Elia si è sviluppato su tre fronti: l’organizzazione interna, le relazioni interistituzionali e l’integrazione con la città e i cittadini. Sul piano organizzativo, a capo di 300 uomini, ha contribuito in modo determinante alla sicurezza di Viterbo, che ha potuto risollevarsi dopo la crisi pandemica. Ma è anche nelle relazioni esterne che la direzione del dott. Sant’Elia si è qualificata sul piano della cooperazione con le istituzioni e su quello della prossimità al cittadino.
Partecipando volentieri e di persona, spesso insieme ai Comandanti Provinciali dell’Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, al Prefetto Antonio Cananà, al Vescovo, al Comandante dell’Aves, a suor Francesca e suor Elpidia, a tutti i maggiori eventi istituzionali, culturali, convegni, mostre etc. della città, il dott. Sant’Elia – peraltro profondo amante e conoscitore della storia e dell’arte – ha mantenuto un alto profilo pubblico innalzando la già alta percezione collettiva della Polizia di Stato e ricevendo numerosi attestati di stima e targhe di riconoscimento.
In questo percorso partenariale con il territorio, spiccano l’impegno contro la violenza di genere, in rete con la Asl di Viterbo, le associazioni in difesa delle vittime e le altre forze dell’ordine. Durante questi due anni, ha inaugurato un nuovo centro di ascolto per le vittime di violenza di genere e partecipato attivamente alla creazione di una rete di sinergie per la prevenzione di un reato ancora molto diffuso in Italia e per l’assistenza alle vittime.
La nomina a socio onorario dell’associazione culturale Archeotuscia odv, conferita dal presidente ing. Luciano Proietti e il “Grazie per averci insegnato il valore della cordialità e della legalità” di Michele della 4 B dell’IC. Canevari, dimostrano che ha saputo farsi coinvolgere dalle associazioni culturali e farsi ascoltare, nel suo percorso di promozione della legalità, anche dai ragazzi, ai quali ha parlato con determinazione e affetto, come un padre.
Fermo, competente ma anche disponibile, cordiale e ironico – di quell’ironia tipica dei napoletani – ha allacciato una densa rete di relazioni con tanti cittadini viterbesi, inclusi i tifosi locali, meritando il titolo di cittadino onorario viterbese di fatto. Ha seguito a piedi tutta la manifestazione della Macchina di Santa Rosa e ha partecipato a tutte le feste religiose cittadine mostrando coinvolgimento alle tradizioni locali.
Un percorso professionale e umano manifestato con contagiosa commozione nella sua ultima conferenza stampa prima della meritata pensione e nel discorso tenuto durante la celebrazione dei 130 anni della Croce Rossa Italiana al teatro dell’Unione.
Un grandissimo applauso gli è stato rivolto alla fine del suo intervento, mentre alcuni poliziotti dicevano: “Sei stato bravissimo! Il migliore” e il presidente Marco Sbocchia lo salutava con affetto e stima. La stessa che provano molti comuni cittadini.
Commosse le autorità al diffondersi della notizia del suo pensionamento e commossi i cittadini. “Me ne vado con un po’ di tristezza, ma con la convinzione di avere fatto fino in fondo il mio dovere”.
Con la stessa convinzione la redazione di Tuscia Times le dice: “Grazie, signor Questore; Le auguriamo una buona vita” e cogliamo fin da ora l’occasione per invitarla ai prossimi eventi viterbesi, come “uno de noantre”.

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