Quando la società si forma – lo insegnava Rousseau – ciascun individuo, pur di godere degli innumerevoli vantaggi della convivenza, sia spirituali che pratici – è disposto a sacrificare parte della sua libertà e della sua privacy. La consistenza di tale sacrificio fa la differenza tra un regime autoritario e uno liberale e democratico: se le regole valgono per tutti, se possono superare ostacoli e difficoltà comuni, se tutti ne beneficiano e se vengono scelte da un’ampia maggioranza, allora costituiscono una ulteriore espressione della collaborazione fra i membri di una collettività. Altrimenti c’è il rischio fondato di un controllo oligarchico e verticistico.
Questa introduzione serve a rispondere preventivamente alle obiezioni che potrà sollevare quanto segue.
Il vandalismo in tutte le sue forme non va preso alla leggera. Per vari motivi. Il primo è, ovviamente, il danno materiale che la comunità subisce: si pensi ad esempio all’arredo urbano, che spesso ha anche funzioni di sicurezza. Poi, in molti casi, si tratta anche di uno sfregio morale che offende la coscienza civica, come avviene per monumenti e targhe rievocative. Inoltre è un indicatore dello sfaldamento dei valori comuni e, coinvolgendo spesso le nuove generazioni, diventa il termometro della capacità delle agenzie di socializzazione primaria di formare ed educare o comunque di fornire senso alla vita quotidiana dei giovani. Infine, il ripetersi quotidiano di vandalismi crea assuefazione nei cittadini che finiscono per abituarsi, a non fare più caso a scritte, rotture, guasti, rattoppi e precarietà varie, comprese quelle dovute a semplice incuria: insomma, tutti quei comportamenti che la letteratura scientifica definisce incivilities.
Fatto sta che Viterbo ne è teatro quotidiano: monumenti imbrattati, panchine e impianti di illuminazione divelti, come a valle Faul, il bambinello del presepe del Cortile di Palazzo dei Priori gettato via, per non parlare delle sculture in cartapesta del presepio a Pianoscarano vandalizzate qualche anno fa. Ma il vandalismo abita ovunque, non solo la nostra Città beninteso: lo trovi anche a Roma, Milano, Londra, New York…
Ci sono due tipi di risposte al vandalismo.
La prima fa riferimento all’educazione, alla formazione; ma siccome il problema va avanti da decenni e forse da secoli, sarà bene non limitarsi ad essa, che ha un raggio d’azione purtroppo circoscritto e tempi lunghi di finalizzazione.
L’altra risposta è la prevenzione affidata alla videosorveglianza. Diffusa, tecnicamente avanzata nei metodi di riconoscimento, evidente nella sua presenza, decisa nelle sue conseguenze. La videosorveglianza, associata ad un pronto intervento, ha un notevole potere di dissuasione preventiva, a cui deve tuttavia associarsi una immediata capacità di irrogazione della pena, preferibilmente educativa, ma non superficiale (quindi: tu rompi, tu risarcisci e tu ripari). E, in caso di minorenni, la pena si deve estendere immediatamente ai maggiorenni responsabili, chiunque essi siano.
La videosorveglianza è un espediente tecnologico che è parte integrante della convivenza moderna e rende oggettivo il controllo di vicinato, senza ricorrere all’impressionismo del singolo e alle degenerazioni soggettive di certe ronde spontanee. Ovviamente, ove di proprietà pubblica, la videosorveglianza deve assicurare il pronto intervento degli organi di polizia grazie ad un sistema di controllo continuo h24.
Se qualcuno si lamenta perché prefigura distopiche società che affossano il diritto alla privacy degli individui e il rischio di una intrusione nella loro vita quotidiana, da soli o associati fra loro, farebbe bene a ricordarsi che la videosorveglianza di cui si parla riguarda luoghi “pubblici”, dove ogni cittadino diventa egli stesso individuo pubblico e ha il dovere di comportarsi come tale: nessuno si intromette dentro casa sua o nei suoi luoghi privati, a meno che non lo scelga lui stesso per la propria tranquillità. Inoltre, vale la cosiddetta “logica del coltello”: strumento utilissimo, o pericolosissimo, non in sé ma a seconda dei fini di chi lo maneggia. In una società democratica, la videosorveglianza completa il diritto del cittadino a vivere in una città sicura, efficiente, civile, pulita, esteticamente apprezzabile, veramente solidale. E con una presenza discreta, ma con una capacità oggettiva di informazione sul reato superiore a qualsiasi altra forma di controllo preventivo dell’ordine pubblico. Comunque, in questa nostra società moderna e tanto liberal, sarebbe preferibile minore ipocrisia; di Grandi Fratelli ce ne sono ben altri in giro che non gli impianti di videosorveglianza… per non parlare di certe assurdità come la scomparsa dei minorenni dagli spettacoli televisivi appena scatta la mezzanotte (roba da Cenerentola), perfino se sono autorizzati dai propri genitori…
Francesco Mattioli
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