Visita al Cantiere di Restauro del Polittico del Balletta con Giorgio Capriotti

di ARIADNA BULAT –

VITERBO – Oggi il Prof. Giorgio Capriotti ci ha accompagnato nella visita al Cantiere di Restauro del Polittico del Balletta presso il Centro Culturale di Valle Faul.

Il Polittico è stato realizzato nel 1441 da Francesco d’Antonio di Viterbo detto il Balletta ed è stato installato nella chiesa San Giovanni in Zoccoli. “E’ un’opera di un’importanza monumentale – racconta Capriotti – perché Balletta è un pittore che si rifà allo stile tardo gotico senese. E’ un nostalgico perché a metà del Quattrocento ancora dipingeva con la moda di cent’anni prima. E’ uno sguardo rivolto indietro. Non c’è prospettiva, non c’è fisicità, c’è un grande gioco di equilibri cromatici molto raffinato e spettacolare. Non ci sono quei parametri del Rinascimento come la spazialità ed i corpi”. 

I lavori del restauratore Capriotti, con la collaborazione dell’Università della Tuscia, sono iniziati a settembre e verranno finalizzati a fine marzo. Al momento mancano il panello di San Giovanni Battisti e la predella che verranno integrate pittoricamente. L’ultimo restauro è avvenuto nel 1980.

“A seconda delle regole della integrazione pittorica – prosegue Capriotti – alcune lacune, per estensione e localizzazione, non possono essere integrate. Ad esempio è il caso del drago del dipinto “San Giorgio e il drago”. Abbiamo lasciato le parti rovinate in sottolivello con una velatura di colore simile al legno. Ci sono lacune considerate come accidentali e ricostruibili e lacune volontarie da parte di una devozione iconoclasta. In questo caso si tratta di un vandalismo devozionale dato che il drago rappresenta il male e in un eccesso della devozione, in antico, fa queste partecipazioni. La lacuna è una cosa storicizzata”.

“C’è un discernimento nel valore delle parti mancanti e in base al loro significato, al loro discernimento io potrò o meno reintegrare. Se decido di reintegrare deve essere una cosa riconoscibile da vicino. Per esempio i trattini verticali identificano la mia ricostruzione. Così uno studioso che si interessa della differenza tra l’originale e la ricostruzione lo potrà capire in base ai trattini che è un codice di riconoscimento”, conclude il restauratore. 

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