di ANNA MARIA STEFANINI –
VITERBO – Ciò che colpiva, guardando Massimo, era il suo sorriso aperto, cordiale, sincero. Quando ti salutava per strada, ti abbracciava con il suo modo di sorridere. Poi però scrutava, con i suoi occhi neri e profondi, che le lenti degli occhiali non riuscivano a coprire, e sapevi che lui già aveva capito tutto quello che stavi pensando. La sua sensibilità e la sua capacità di comprenderti, anche senza parlare, erano uniche. Il suo modo di camminare si riconosceva da lontano e così la sua voce dirompente e accogliente. È morto a 60 anni il Magister, Massimo Agneni, conosciuto e amatissimo a Viterbo, dopo una lunga malattia, affrontata con la forza di un leone. Era forte, Massimo, era “gajardo”, come si dice a Viterbo. Di una simpatia coinvolgente. La parola “Maestro” , Magister, sappiamo essersi sviluppata dal latino “magistru(m)” e, per suonare come oggi la si sente, è passata di bocca in bocca per tanto tempo. È parola oggi di trafila popolare, spesso usurata, ma si addice solo a chi è veramente speciale. Il termine, dal suo significato latino originario, indicava colui che è superiore ad altri per potere, dignità, autorità, e che quindi comanda e richiede ubbidienza, rispetto, onde il termine veniva adoperato principalmente nel linguaggio militare. Ma lui no. Era forse superiore per intelligenza, sensibilità, educazione, ma era un uomo di rara umiltà. Non richiedeva ubbidienza, nè comandava, anzi sapeva ascoltare, condividere, consigliare, consolare, rispettare. Era il Magister, il Maestro, il Prof per eccellenza, a cui si poteva chiedere qualsiasi cosa: sapeva tutto, ma soprattutto sapeva e voleva aiutare e volere bene. Docente e guida turistica, apprezzato, benvoluto e stimato non solo nella città dei Papi, ma anche in gran parte della provincia. Io lo conoscevo da quando eravamo ragazzi, fin dai tempi del gruppo di giovani coetanei di qualche decennio fa, che si riuniva a piazza delle Erbe, la sera, o “al portone” del Corso Italia. Allora il centro era pieno di gente, sia con il tempo buono che nella stagione più fredda. Alcuni venivano giù con la Vespetta. Io e Massimo a piedi. Quattro chiacchiere, tante risate, una “vasca” al Corso. Un grande gruppo di ragazze e ragazzi, che organizzava gite al mare la domenica o per Pasquetta e che, dopo ferragosto, già si chiedeva:” Ah ragà, che famo a Capodanno?”. Sì, perchè il Magister, come tutti noi, fra amici, usava anche termini viterbesi. In una città, dove tutto è rimandato a “doppo Santa Rosa” (usando l’idioma locale), lui se ne è andato prima, alla fine dell’estate. Non ha aspettato Santa Rosa, la nuova Macchina, la festa che amava come tutti i concittadini. Non ha atteso il rientro a scuola dalle vacanze. Un grande professore alla scuola secondaria di primo grado (insegnava a Vitorchiano), ma soprattutto un grande uomo, un amico che amava le camminate in compagnia, la storia, la sua città, inclusivo, socievole, solare e leale. Negli ultimi anni aveva anche preso parte al Cammino sulla via dell’esilio di Santa Rosa. Appassionato di sport, soprattutto di tennis e walking, era anche un profondo conoscitore di tanti percorsi della Tuscia, dove “guidava” e organizzava escursioni divertenti. Faceva talvolta buffe magie, raccontava barzellette e aneddoti. Era un piacere ascoltarlo…e farsi ascoltare. Rara era la sua dote di comprendere il prossimo. Il mercoledì si poteva incontrare spesso alla terme di pomeriggio ed era sempre un piacere parlare con lui. Lì lo vidi l’ultima volta, con Luca, suo e mio grande amico e altre persone. Il 18 aprile scorso aveva festeggiato i 60 anni, circondato dall’affetto degli amici di sempre, che hanno inondato i social oggi di messaggi di stima, di dolore e affetto. I funerali del Magister saranno celebrati domani, lunedì 26 agosto, alle ore 15, alla chiesa di Santa Barbara.