WWF: tigri a rischio punta dell’iceberg nella “Natura Collection”

Tigri a rischio per un pugno di ossa e pelli: la specie è in serio pericolo di estinzione visto che ne restano appena 4.000 individui in natura, ancora cacciati dai bracconieri e minacciati dalla frammentazione del loro habitat. A questi pericoli si aggiunge un’altra minaccia: il commercio illegale, stimolato dalla domanda di prodotti a base di tigre. Attualmente, si stima che esistano almeno altre 8.000 tigri in cattività in tutto il mondo. I trafficanti illegali di natura approfittano spesso del trasporto di animali tra i vari paesi per rifornire zoo e circhi, con metodi poco trasparenti in cui è difficile tracciare dati, certificazioni, permessi, così che  le parti e i prodotti di tigre si confondono in questo intreccio tra popolazione in natura e in cattività. È questo il presupposto per un traffico illegale di tigri e loro parti (come pelli, ossa, denti), prodotti considerati illusoriamente efficaci dalla medicina tradizionale di diversi paesi asiatici come Vietnam, Tailandia e Cina.

L’ultimo report del WWF “Tiger Traffic Europe” svela questo preoccupante fenomeno praticamente sconosciuto e in cui siamo coinvolti sia come Paese che come continente. L’aspetto è ancora più preoccupante considerata l’attuale pandemia: sappiamo infatti che il 60% delle nuove malattie zoonotiche emergenti è trasmesso all’uomo da animali e più del 70% di queste è riconducibile ad animali selvatici.

Recenti analisi mostrano che a livello globale, su un periodo di 19 anni (tra il 2000 e il 2018), siano stati sequestrati prodotti e derivati a base di tigri corrispondenti ad un totale di 2.359 tigri (1.142 sequestri) in 32 paesi diversi (Wong e Krishnasamy, 2019). Questo vuol dire una media di 60 sequestri l’anno, per un totale di 124 felini l’anno. Negli ultimi anni,  numerosi dati confermano come le tigri allevate in cattività – compresi gli allevamenti in Asia e in UE – entrino nel commercio illegale, con tutte le conseguenze immaginabili.

 

NATURA CONNECTION

La tigre è solo la punta di un iceberg della Natura Connection, una fitta rete di traffici illegali che attraversa tutti i continenti, dove la parte più importante del mercato si concentra proprio nei paesi orientali. I crimini contro la natura generano entrate per 280 miliardi di dollari l’anno e costituiscono un settore della criminalità in crescita (INTERPOL, 2014).

Nella mappa della triste ‘fiera illegale’ globale di specie e loro parti, stilata dal WWF oltre alle tigri ci sono rinoceronti per il corno, elefanti per l’avorio, pangolini per carne e scaglie, tartarughe marine per gioielli e oggetti realizzati con il carapace, squali per pinne e carne, tonni e balene per la carne, delfini per acquari, orsi per la bile, serpenti per la pelle, scimmie e pappagalli, rapaci e altri uccelli per i collezionisti e poi ancora vigogne e guanachi, giaguari, cavallucci marini.  I numeri dei crimini contro la natura evidenziano un business illegale che è il più grande a livello mondiale dopo il traffico di droga, contraffazione e contrabbando di armi e di esseri umani, permeato anche nei confini dell’Europa.

In un recente studio sono stati analizzati i dati relativi alle 31.745 specie di vertebrati terrestri fino ad oggi classificati: si è scoperto che ben 5.579 specie di mammiferi, uccelli, rettili e anfibi (circa il 20% del totale) vengono acquistate e vendute sul mercato mondiale, legalmente o illegalmente.

Una specie su cinque è quindi interessata da un qualche tipo di commercio e la sorpresa scaturita dallo studio è che si tratta di circa il 50% in più rispetto alle stime precedenti. In questa grossa fetta di mercato la maggiore minaccia è rappresentata dal commercio illegale o non regolamentato che per migliaia di specie costituisce la via verso l’estinzione, con intensità simile alla distruzione degli habitat e al cambiamento climatico.

TROPPE FALLE NEL SISTEMA DI LEGGI E CONTROLLI UE

Leggi inadeguate e controlli insufficienti creano le condizioni perché le tigri allevate da privati entrino nel commercio illegale. Il rapporto WWF e TRAFFIC Falling through the System, pubblicato alla fine di quest’annodefinisce la portata del commercio di tigri in EU guardando ai dati di esportazione, importazione e riesportazione, analizzando le informazioni sui sequestri, interrogando e raccogliendo informazioni dalle autorità competenti, dalle agenzie e dai diversi stakeholder raccolti in 5 anni. Non solo la UE continua a commerciare tigri vive, loro parti e prodotti con paesi in cui gli allevamenti sono noti per alimentare il commercio illegale di tigri (Cina, Thailandia e Vietnam), ma la sua legislazione e quella degli Stati membri, nonché i controlli che riguardano la detenzione, l’allevamento e lo smaltimento delle tigri decedute in cattività, non garantiscono che le tigri e le parti di tigri provenienti da allevamenti non entrino nel commercio illegale di fauna selvatica.

 

LE ROTTE ILLEGALI IN EUROPA, ITALIA COMPRESA

Un’indagine del 2019 dell’Interpol individuava alcuni paesi dell’UE tra i 30 principali esportatori e importatori mondiali di tigri; fra questi il Belgio, la Germania, la Francia, l’Italia e il Regno Unito. Questi paesi sono importanti esportatori di tigri verso paesi asiatici, come il Vietnam, la Tailandia e la Cina, che si presume siano seriamente coinvolti nel commercio illegale delle tigri e quindi nel loro drammatico declino.

I paesi europei esportano, importano e riesportano principalmente tigri vive, ma anche loro parti e derivati.

Tra il 2013 e il 2017 le esportazioni dirette di tigri vive hanno rappresentato il 93% di tutte le esportazioni di tigri dell’UE (in totale 111), mentre circa la metà (51%) di tutte le riesportazioni UE hanno coinvolto tigri vive. Tra i primi 5 esportatori figurano la Germania, l’Italia, la Spagna, la Repubblica Ceca e la Francia. Animali e loro prodotti hanno diverse destinazioni tra cui Thailandia, Vietnam, Cina, Singapore, Russia, Turchia e Taiwan. Durante il periodo oggetto dell’indagine, l’UE ha registrato un totale di 95 sequestri – che hanno coinvolto 14 strutture – gran parte dei quali effettuati in Austria, Regno Unito, Germania, Paesi Bassi e Spagna.

Inoltre, i sequestri di medicinali contenenti derivati di tigre (ben 1.727), rappresentano il 94% di tutti gli analoghi sequestri effettuati dalla UE durante gli stessi 5 anni.

Un esempio del coinvolgimento dell’Italia è quello del caso svelato nel 2019 e per il quale si era attivata l’Arma dei Carabinieri con un procedimento penale nei confronti del direttore di un circo: 10 tigri di sua proprietà erano state trasportate in condizioni deplorevoli attraverso Austria, Repubblica Ceca e Polonia.  Erano destinate ufficialmente ad uno zoo nella federazione Russa, ma alla frontiera l’assenza di documenti necessari aveva creato il sospetto. Dalle indagini risultò che nel paese di destinazione non vi era alcuno zoo: le tigri, infatti, per quanto emerso dalle indagini condotte dalle Autorità pubbliche erano destinate ad un’azienda di importazione di carne e alcolici, una copertura perfetta per questo tipo di affari loschi. Per fortuna il pronto intervento del WWF Polonia permise di mettere in salvo le tigri sopravvissute (9 delle 10) in un rifugio sicuro.

5 RICHIESTE DEL WWF PER STOP A IMPORT/EXPORT ILLEGALE DI TIGRI NELL’UE

Per il WWF il contributo dell’Unione a questi giri di affari illegali può essere fermato attraverso 5 passi fondamentali: creare  un registro aggiornato sul numero effettivo di tigri detenute in cattività nei diversi paesi, migliorare la collaborazione tra autorità competenti coinvolte nella gestione delle tigri allevate, rafforzare i controlli sullo smaltimento degli esemplari deceduti, ispezionare regolarmente  le strutture private, segnalare – da parte degli stati europei e della Commissione – le principali problematiche incontrate, adottare misure nazionali più stringenti per la detenzione e l’allevamento di tigri.

UN NUOVO PROGETTO EUROPEO CONTRO I REATI SU FAUNA SELVATICA

SWiPE (Successfull Wildlife Crimes Prosecution in Europeè il nuovo progetto LIFE lanciato da numerosi uffici WWF Europei in 11 Paesi (Italia, Spagna, Bulgaria, Romania, Bosnia ed Erzegovina, Croazia, Slovacchia, Ungheria, Ucraina e Polonia) e da altri importanti partner come Flora & Fauna International e TRAFFIC, che vuole contribuire alla riduzione sostanziale dei reati contro la fauna selvatica, aumentando nel contempo il numero di reati denunciati ed effettivamente puniti, nonché dei relativi procedimenti  incardinati e conclusi con sentenza di condanna. Le azioni prevedono attività di raccolta ed analisi dati, di formazione delle categorie professionali interessate – come magistrati e forze dell’ordine –, azioni di advocacy per un miglioramento della legislazione in materia di contrasto ai crimini in natura, ed infine di sensibilizzazione dei cittadini europei riguardo la gravità e gli impatti del fenomeno.
SWiPE si pone quindi l’obiettivo di contribuire a rafforzare il sistema di contrasto ai crimini in natura e di migliorare, al contempo, l’applicazione ed il rispetto della legislazione penale ambientale della UE.

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