Yuri Temirkanov, un direttore per il quale davvero “la bellezza salverà il mondo”

di CINZIA DI CHIARA-

Riferendosi alla famosa citazione dostoevskiana lo aveva affermato col suo sguardo bonario, anni fa, in un’intervista al Festival di Ravello, e questo è sicuramente il più importante lascito di Yuri Temirkanov, traslitterazione anglosassone di Jurij Chatuevič Temirkanov. Il direttore d’orchestra, fra i vertici assoluti della nostra epoca, purtroppo ci ha lasciato lo scorso 2 novembre, all’età di 84 anni. Direttore del Teatro Kirov di Leningrado (città-gioiello e crocevia irrinunciabile della cultura russa da anni finalmente ritornata all’originario nome petrino), ma anche del celebrato Teatro Bol’šoj di Mosca, aveva abbandonato il podio costretto dallo stato di salute a cancellare numerosi concerti, dopo essere stato, in qualità di direttore stabile, direttore ospite o direttore onorario, alla testa delle più grandi istituzioni orchestrali conosciute. Tra queste, le grandi compagini europee dei Berliner e dei Wiener Philharmoniker, la London Philharmonic e la Royal Philharmonic Orchestra di Londra, la London Symphony, la Staatskapelle di Dresda, il Concertgebouw ecc.) e quelle statunitensi, dalla New York Philharmonic alla Boston Simphony, dalla Chicago Orchestra alla Cleveland, alla Baltimore Symphony ecc

Amato e molto apprezzato anche in Italia, aveva diretto il Regio di Parma, mentre col Teatro alla Scala aveva intessuto un lungo rapporto collaborativo dopo aver debuttato, nel 1982, dirigendo il violinista Schlomo Mintz, altro esponente di un ideale simposio di sapienti, riscuotendo da allora in poi successi clamorosi anche in buca, come avvenne nella storica edizione del 2005 de La dama di Picche.

Gigante lui, vissuto al tempo di altri giganti del calibro del violinista Igor Oistrach, del sommo pianista Svjatoslav Richter, dell’osannato violoncellista Mstislav Rostropovič, del collega direttore Kirill Condrašin, e di tutti i massimi interpreti della corrente russo-occidentale del ‘900, aveva conosciuto Prokof’ev ma era radicato nella tradizione classico- romantica. Naturalmente, come tutti i grandi interpreti poneva la musica di Bach alla base di tutto, quale bene assoluto.

Aveva raccontato di Prokofiev in un’intervista: «Durante la guerra è sfollato nel Caucaso ed è stato ospite a casa nostra. Io da bambino sono andato a fare la spesa al mercato con lui. Non era un uomo facile, era piuttosto duro».

 

Con lui sembra andarsene dunque un intero mondo artistico che è stato sommamente glorioso e ha rappresentato un’intera civiltà musicale. Uomo coerente con sé stesso innanzitutto, e col proprio credo intellettuale, non aveva mai accettato di asservirsi al partito comunista e nelle riunioni di prammatica era sempre l’unico ad essere sprovvisto della tessera. Eppure, senza quei compromessi talora necessari nelle relazioni con le istituzioni, riuscì costantemente a restare in asse grazie allo straordinario talento, unica sua bandiera.

Ha attraversato un’intera epoca Temirkanov, con quella serietà connaturata, con quel carattere originalissimo, di poche parole, quasi sempre pronunciate nella sua lingua, e con quella certa semplicità, o meglio linearità di pensiero e d’animo di un’essenzialità profonda e carismatica, cui corrispondeva una direzione apparentemente sobria eppure mai prevedibile: dirigeva a mani nude, senza la bacchetta. Semplicemente, lo trovava più comodo e naturale.

Il suo modo di sembrare misurato nei cenni tuttavia riusciva a comprendere un arsenale di movimenti d’anticipo con cui indicava accenti e imprimeva svolte al fraseggio e guizzi brillanti al colore. Al contempo costruiva morfologicamente il tessuto sonoro con senso altamente poetico, come si addice a un autentico russo ma con la classe di un cosmopolita. La sua non era una direzione di tempi, di battute, di movimenti. Occorreva osservarne la meticolosa ricerca delle gradazioni timbriche e dei giochi a incastro tra le parti, l’attenzione costante alle proporzioni, il gusto delle successioni armoniche evidenziate con sapienza, per contemplarne la grandezza assoluta, talora apparentemente istintiva. Il risultato era una generale diffusione della bellezza sulla sala, abbagliante ed epifanica rivelazione del mistero.

Il senso drammatico era da lui guadagnato potentemente, attraverso veementi impulsi emotivi la cui altezza tragica era talora attraversata da parentesi meditative e altrettanto da squarci di ironia. D’altro canto, inoltre, la melodica cantabilità delle frasi, nelle quali echeggiava appena un velo di malinconia proprio dell’artista e ancor più dell’artista russo dotato di quella sensibilità, diveniva sotto le sue mani pienamente espressiva, facendo parlare il non detto.

 

Figlio del ministro della Cultura della Repubblica Cabardino-Balcanica purtroppo in seguito sterminato dai nazisti, Temirkanov dové alla Grande Madre Russia la sua nascita, il 10 dicembre 1938, nella capitale Nal’čik, città metallurgica meridionale della zona del Caucaso; a San Pietroburgo, ove frequentò il conservatorio diplomandosi in viola e in composizione, lo ha legato invece la sua affermazione; al mondo intero, infine, l’affetto per il successo inossidabile che lo ha accompagnato sempre, da quando, vincitore del Concorso Nazionale Sovietico per Direttori d’Orchestra nel 1966, fu invitato dal celeberrimo Kirill Kondrašin per una tournée in Europa e negli Stati Uniti con David Ojstrach e l’Orchestra Filarmonica di Mosca.

 

L’annuncio della scomparsa del suo direttore principale lo ha dato la Filarmonica di San Pietroburgo, che Temirkanov dirigeva dal 1988, essendo succeduto alla temuta figura di Evgenij Mravinskij di cui in precedenza era stato assistente presso quella stessa istituzione. Cosicché la sua Sala Grande ha indossato i paramenti a lutto e ha allestito una camera ardente per celebrare una cerimonia solenne, di cui circola su internet la toccante registrazione della durata di più di due ore. Oltremodo commoventi la compostezza dei professori d’orchestra, eleganti e rispettosi nella loro tenuta da concerto, il decoro, e, in taluni casi, il pianto sommesso degli astanti, colleghi, autorità, ammiratori affezionati, persone del popolo. Uniti nel sentimento di cordoglio, uno per uno hanno sfilato di fronte al feretro per porgergli un ultimo deferente saluto, in un’atmosfera solenne e densa di emozione, gli uomini abbassando il capo, le donne inchinandosi. Quale dignità conosce il popolo russo in simili circostanze!

Nel pomeriggio la stessa sala ha ospitato il concerto in sua memoria, con la Sinfonia Patetica diretta da quel Valerij Gergiev sospeso nel 2022 dall’incarico dei Münchner Philarmoniker per non aver preso posizione contro la Russia nella questione ucraina, mentre in altri luoghi della musica, nel mondo, teatri e sale da concerto ossequiavano il musicista con quel minuto di silenzio che si tributa ai grandi.

Sembra essere stato riferito da alcuni presenti che la sera della scomparsa, in occasione della recita di Peter Grimes, stranamente la Scala abbia omesso il momento di silenzio per Temirkanov.  Comunque, la Filarmonica della Scala ha pubblicato un comunicato funebre ricordando “con affetto Yuri Temirkanov, che si è spento oggi pomeriggio a 84 anni. Fin dal primo concerto insieme è stato un punto di riferimento per l’interpretazione dei grandi capolavori del repertorio russo. Memorabili le serate con il pianista Nikolai Petrov e la musica di Prokof’ev nel 1996, con il basso Paata Burchuladze e Musorgskij nel 1999, e ancora con il violinista Vadim Repin e il concerto di Prokof’ev. Il nostro saluto a uno dei più grandi direttori del nostro tempo.”

 

Da sottolineare purtroppo che le televisioni italiane non sembrano aver dato il dovuto rilievo al triste evento, mentre Gergiev diffondeva tramite la stampa nazionale un commovente ricordo di Temirkanov, da lui considerato il suo più importante Maestro nonostante le forti differenze tra i due.

Ma è con l’Accademia di Santa Cecilia e la città di Roma che Temirkanov coltivava il suo più intenso rapporto di collaborazione sul nostro suolo nazionale.

Accademico Onorario dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia dall’aprile 2007, Direttore onorario dell’Orchestra ceciliana dal 2015, aveva debuttato nel 1979 sul podio della compagine strumentale-vocale della più eminente istituzione musicale della capitale, coltivando con essa un rapporto di importante rilievo artistico fino sua ultima applauditissima esibizione, peraltro con programma di autori russi, al Parco della Musica, nel giugno 2017.

Michele Dall’Ongaro, presidente e sovrintendente dell’istituzione romana ha così commentato la perdita di Yuri Temirkanov: “Una gravissima ferita, perché il rapporto con il nostro Coro e la nostra Orchestra è stato lungo e intenso e costellato da tappe fondamentali per la costruzione della storia della nostra Istituzione. L’arte di Temirkanov, la sua capacità, la sua intelligenza, il suo modo ineguagliabile di modellare la musica, il suono ricco di storia, di morbidezza e di intelligenza che riusciva ad ottenere dalle nostre compagini rimangono esempi ineguagliati di civiltà musicale e non solo. Lo piangiamo con grandissima tristezza e riconoscenza”.

I grandi uomini, anche nella musica, vanno sempre onorati. Il loro esempio è valido per tutti e costituisce motivo di edificazione dei popoli. La loro arte illumina il cammino ed essi vanno considerati alla stregua degli eroi, quali benefattori dell’umanità.

 

(https://vk.com/video-49388814_456283413?t=16s)

В Петербурге простились с дирижером, народным артистом Советского Союза Юрием Темиркановым (A San Pietroburgo hanno salutato il direttore d’orchestra, l’artista popolare dell’Unione Sovietica Yuri Temirkanov)

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