A Roma, nel 2019, tasso di mortalità peggiore delle altre città, così come la quantità di incidenti: 12.271, ben 33,6 al giorno e 131 decessi, uno ogni 2,6 giorni. In occasione della giornata mondiale delle vittime della strada, Legambiente presenta il dossier “Sicurezza Stradale nelle Città”. A Roma nel 2019 sono stati 12.271 gli incidenti, ben 33,6 al giorno e di questi, 10.908 sono avvenuti su strade urbane e 1.363 su extraurbane; il totale degli incidenti a Roma sono il 28,8% di quelli avvenuti nelle 14 maggiori città italiane (42.539). I decessi causati da incidenti nel 2019 nella Capitale sono stati 131, un morto ogni 2,7 giorni, 108 su strade urbane e 23 su extraurbane, i morti sono il 37,3% rispetto al totale delle 14 città italiane prese in considerazione. Il tasso di mortalità a Roma nel 2019 è sceso rispetto l’annata precedente, in linea con il trend italiano, ma con 4,6 decessi ogni 100mila abitanti, rimane tra i più alti delle città oggetto dello studio e ben al di sopra della media nazionale di 3,6.
Dalla mappa di geolocalizzazione degli incidenti, emerge come a Roma, le zone di pericolo sono le grandi vie a scorrimento veloce, le ampie aree del centro storico e in particolare le zone che circondano Piazza Venezia, la stazione Termini, l’Esquilino, il quartiere Prati e, più esternamente, Via Prenestina altezza Largo Preneste, Via di Boccea altezza Piazza Dei Giureconsulti, l’incrocio tra Via Dei Gelsi e Via Dei Ciclamini e l’incrocio tra Via Cristoforo Colombo e Via Vedana.
“Le strade larghe e rettilinee romane permettono alle auto di aumentare la velocità e provocare troppi incidenti e conseguenze più gravi rispetto alle altre città – commenta Roberto Scacchi presidente di Legambiente Lazio-. Per abbattere il rischio e la violenza degli incidenti si dovrebbe ridisegnare lo spazio urbano stradale con tanti nuovi elementi: correggere i rettilinei con strumenti di traffic calming; pensare a una Zone30 che abbracci tutta l’area urbanizzata; istituire “Zone Scolastiche” con aree pedonali, divieti di circolazione e sosta, attorno a ognuno dei milleduecento edifici scolastici di Roma. Nella Capitale bisogna ridimensionare numero e velocità dei veicoli privati, dimezzare lo spazio stradale oggi a loro dedicato quasi esclusivamente dandone di più ai mezzi pubblici su corsie dedicate e protette, ridisegnare gli attraversamenti pedonali spesso quasi scomparsi dalle superfici stradali soprattutto in centro, realizzare il Grab, fare le ciclabili transitore oggi ancora troppo poche e trasformarle in corsie protette e sicure, pedonalizzare piazze in ogni quartiere e liberare completamente il centro dalle auto a partire da Via dei Fori e il Colosseo. Tutto ciò deve disegnare un volto nuovo della città, più bello, sicuro e a misura d’uomo e di bambino, con l’ambiente al centro delle idee per la Roma del futuro”.
Secondo i dati nazionali del dossier, nel 2019 in Italia si sono verificati 172.183 incidenti con 3.173 vittime e 241.384 feriti tra cui 35 vittime tra i bambini (sino a 14 anni), 158 tra i ragazzi tra i 15 e i 19 anni. Solo nelle strade urbane gli incidenti sono stati 127.000, 1.331 i morti e 168.794 i feriti.
Il costo sociale nazionale calcolato dall’Istat è stato pari a 16,9 miliardi di euro, mentre per le sole città, dove si registra la maggior parte degli più incidenti anche se meno mortali, il costo sociale è stato stimato in 10,5 miliardi. Il “Piano Nazionale Sicurezza Stradale 2020” lanciato nel 2010, aveva l’obiettivo di dimezzare la mortalità in strada entro quest’anno (quindi registrando non più di 2 mila vittime) e di azzerare quella dei bambini. Di fatto, però, nel 2019 abbiamo contato ben 3.173 tra cui 35 bambini. Quindi, l’obiettivo non verrà raggiunto, nonostante il lockdown, con l’85% in meno dei chilometri percorsi nei due mesi passati in casa questa primavera e la riduzione della mobilità indotta dalla pandemia.
“Ma qualcosa sta cambiando, almeno dal punto di vista normativo – ha dichiarato Andrea Poggio, responsabile mobilità sostenibile di Legambiente -. Da pochi mesi, con le nuove leggi d’emergenza varate a primavera e soprattutto con la riforma del Codice della Strada varata in settembre, i Comuni e i sindaci hanno nuovi poteri di intervento, che possono dare impulso decisivo alla sicurezza sulla strada con la costituzione delle “strade 30”, delle “zone scolastiche”, delle corsie ciclabili e i BiciPlan. D’ora in poi, in tutta la città la velocità massima di circolazione scende di 20 all’ora, con l’eccezione (non più la regola) di poche grandi strade a scorrimento veloce, che dovranno essere ben segnate e protette. Gli ottomila sindaci d’Italia hanno d’ora in poi la possibilità, oltre alla responsabilità, di abbattere drasticamente il rischio di incidenti mortali. Il governo invece, grazie al “Piano europeo di Rinascita e resilienza”, deve mettere a disposizioni delle città le risorse per mettere in sicurezza e ridisegnare le strade e le piazze dei centri abitati”.
Il rischio di incidente mortale è infatti direttamente proporzionale all’impatto: a 50 km/h è superiore al 50%, a 30 km/h meno del 10%. Nel dossier “La sicurezza stradale nelle città” (LINK) pubblicato dall’associazione, si cita indagine di Tommaso Sansone sulle “strade 30” di Torino, basato sui dati Istat e geolocalizzazione degli incidenti della vigilanza urbana: nel 2016 la frequenza di incidenti nelle “strade 30” è risultata del 66% inferiore alla media urbana. Se tutta la città di Torino venisse progressivamente trasformata in zona 30, con l’ovvia eccezione dei grandi viali a scorrimento veloce, il costo sociale degli incidenti stradali si abbatterebbe di 194 milioni di euro all’anno. I soldi investiti in sicurezza, sono ben spesi.