di ANGELO RUSSO-
VITERBO- Paul Gauguin, celebre pittore post-impressionista, incarna la figura dell’artista ribelle che abbandona la civiltà per ritrovare sé stesso. Prima di dedicarsi completamente all’arte, Gauguin lavorò come agente di cambio a Parigi, conducendo una vita borghese apparentemente stabile. Tuttavia, con il crollo del mercato finanziario e una crescente insoddisfazione per la routine lavorativa, iniziò a maturare un senso di frustrazione. La crisi economica, unita alla difficoltà di affermarsi come artista e alla rottura con la sua famiglia, lo spinse a cercare una nuova dimensione esistenziale, lontana dalla società occidentale.
Questa fuga può essere letta non solo come un rifiuto del materialismo e delle convenzioni sociali, ma anche come un viaggio interiore, profondamente legato al processo di individuazione descritto da Carl Gustav Jung.
Secondo Jung, il processo di individuazione rappresenta la ricerca dell’autenticità, il percorso che porta l’individuo a liberarsi delle maschere imposte dalla società (la Persona) e a confrontarsi con i lati nascosti della propria psiche (l’Ombra). Gauguin, insoddisfatto della vita borghese e dei limiti dell’arte accademica, sceglie di esplorare culture esotiche e lontane, idealizzandole come un “paradiso perduto”. Questo desiderio di ritorno a una condizione primordiale può essere interpretato come un tentativo di riconnessione con le radici profonde della propria anima e della creatività.
A Tahiti, Gauguin si immerge in un mondo che percepisce come libero dalle sovrastrutture occidentali. Qui, attraverso le sue opere, affronta simbolicamente l’Ombra: nei colori intensi e nei soggetti mitici emerge una tensione tra idealizzazione e realtà. Le donne tahitiane che raffigura, spesso intrise di mistero e spiritualità, possono essere lette come manifestazioni dell’Anima, l’archetipo femminile dell’inconscio maschile che, secondo Jung, rappresenta una porta verso il Sé autentico.
Il suo viaggio fisico e artistico, tuttavia, non è privo di conflitti. L’idea di un paradiso incontaminato si scontra con le difficoltà concrete dell’esilio: la solitudine, la malattia e la disillusione. Ma è proprio in questa tensione che risiede la forza della sua arte. Come in ogni processo di individuazione, il confronto con le ombre della realtà diventa essenziale per la creazione di un’identità più autentica.
In definitiva, Gauguin utilizza la pittura come strumento per navigare i propri conflitti interiori e le proprie aspirazioni spirituali. La sua vicenda non è solo una fuga dalla civiltà, ma un viaggio archetipico verso il Sé, in cui l’arte diventa specchio e guida di una trasformazione profonda. Gauguin ci insegna che l’autenticità non è data dalla fuga, ma dal coraggio di affrontare il caos interiore e trasformarlo in bellezza.
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